Era il primo agosto del 1944, un giorno d’estate in una Pisa divisa dalla guerra. Ed in una delle città dove mai nacque un ghetto, e dove da sempre la comunità ebraica partecipava alla vita cittadina, nonostante nel resto del mondo di allora gli ebrei venissero massacrati dalla follia nazista, si consumò l’eccidio di un illustre cittadino pisano d’allora Abramo Giuseppe Pardo Roques, e di altre dodici persone innocenti. Un eccidio che ancora oggi è vivo nella memoria dei pisani. La storia di Pardo Roques è quella di un uomo influente che godette dei favori dello stesso regime fascista. Ricchissimo, all’epoca correva voce che nella sua casa fossero custodite immense ricchezze. E la sua casa, in effetti, sembrava un museo piena com’era di oggetti d’antiquariato. Benefattore della città e di molti concittadini a lui vicini fu un uomo vicino al regime, amante dell’ordine e affetto da numerose fobie. Il profilo di un uomo stimato, dunque. Ma Roques era ebreo, anzi era il presidente della comunità ebraica pisana. Su indicazione di un delatore, una squadra delle SS quella mattina d’agosto fece irruzione nella palazzina di Via S. Andrea. In quel momento a casa di Roques erano presenti 11 persone. Fu una strana irruzione. Le SS si fecero consegnare da Pardo-Roques oggetti di antiquariato, preziosi, argenteria e danaro. Dopo rinchiusero gli 11 ospiti e lo stesso Pardo in un locale e li assassinarono con il lancio di bombe a mano e con il fuoco dei mitragliatori. Furono i frati del convento di Convento di S. Caterina ad accorrere per primi. Alcuni erano ancora vivi quando i monaci cercarono di soccorrerli ma, poco dopo, per nessuno c’era più nulla da fare. Un eccidio brutale e per alcuni versi ingiustificato. Cosa fu a scatenare la furia nazista? Forse l’antisemitismo? Ma allora perché assieme a Pardo furono uccisi anche cattolici? Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che dietro l’eccidio ci fosse in realtà soltanto lo scopo della rapina. Un anno dopo l’eccidio, e a liberazione dell’Italia avvenuta, sulla facciata principale della casa fu murata una lapide a ricordo dell’accaduto.
Published on Vivipisa 12.2004